INTERVISTA PLANETA — Valentina Bruschi
IT
La ricerca dei gemelli Carlo e Fabio Ingrassia, formulata attraverso una collaborazione artistica iniziata nel 2008, sovverte il modo tradizionale di concepire le grammatiche del colore, fino a far dissolvere la scultura nel tratto della matita, dove attraverso la saturazione e le velature del grigio, scaturisce il colore. Un atto differente di concepire il segno, dove il disegno “manca di segno”. Una pratica meticolosa e scientifica, un lavoro a quattro mani reso possibile dalla naturale predisposizione fisica (uno è mancino e l’altro destrorso, e lavorano a pastello contemporaneamente, sullo stesso supporto cartaceo, sullo stesso centimetro quadrato di superficie). Il loro “disegno scultoreo” sovverte l’approccio alla terza dimensione, facendo si che sono gli oggetti a nascere dalle ombre e non viceversa
Com’è organizzato il vostro studio e quali strumenti utilizzate per lavorare?
Bisogna mettere l’opera a registro, l’uno nasconde l’altro dimostra, dobbiamo copiare il silenzio. L’organizzazione dell’immagine mentale va predisposta e questo riguarda soprattutto noi. Bisogna predisporsi all’opera ed è qualcosa che riguarda il fisico perché alcuni fatti sono degli atti, anche quando non si concludono, devono cominciare nell’assoluto dalla nascita.
La logicità della percezione è vista da entrambi attraverso un fenomeno di collisione del vicino e del lontano, che noi chiamiamo fenomeno d’accelerazione. La percezione completa del lavoro dipinto può avvenire con l’aiuto di strumenti: matite a pasta dura e pasta morbida, ossidi in polvere, cilindri, lenti e lentini aplanatici di diverso campo d’ingrandimento, tubi di vetro, pietre d’agata, lame-bisturi di diverse misure, taglio in fogli di alluminio e pulviscolo atmosferico che si depositano sul lavoro dai 15 ai 25 giorni, in modo che la carta e il colore abbiano i loro tempi di assorbenza. Bisogna che il disegno riposi.
Potreste delineare il vostro percorso creativo?
Parlare di pittura non è facile perché l’intuizione è una, ma il risultato è un altro. La volontà dipende da noi, il desiderio no. I sentimenti della paura, dell’ira e delle forme sono uguali per tutti, quelli dell’innamoramento invece no: è un sentimento di orientamento, di natura sociale.
Carlo definisce il segno, Fabio raccorda e da un segno soffiato. I margini non si toccano, se mai si suggeriscono. Se consideriamo la domanda dal punto di vista del pensiero, ognuno sviluppa una propria poetica; mentre dal punto di vista tecnico, il lavoro è sviluppato da entrambi. Maggiori le divergenze nel pensiero, maggiori saranno gli equilibri che si dovranno stabilire, un punto d’incontro. L’uno è la mano dritta, l’altro manovra con la mano sinistra.
Tra le forme di appunti visivi osserviamo tutto ciò che ci sta attorno, ci serviamo di schizzi preparatori, riviste, scatti, a volte la forma ce la suggeriscono vecchi progetti, lavori sedimentati lasciati in disparte a prendere polvere. Nel nostro lavoro è molto presente la fatalità, ma è completamente assente la casualità. Osservazione razionale: ci si può avvicinare attraverso un tipo di contatto che nella cultura Islamica viene definito “immaginale”.
Quali media guardate per cercare inspirazione e quali artisti del passato o di oggi?
Abbiamo un’attenzione per la composizione e per la forma. Ci preoccupiamo quando sentiamo la parola “ispirazione” o estetica “anestetizzata”. L’opera a nostro avviso non è mai intima, ed è un falso mito parlare d’intimità dell’opera, semmai sarà estimo. E’ “l’estimità” dell’opera, il fatto che essa porta fuori; un immagine va pro-gettata.
Esistono le cose che abbiamo scoperto da soli, sono anche le uniche che conosciamo.
L’uomo può conservare del passato soltanto ciò che serve al suo progresso e rientra in un sistema di simpatie e affetti. L’arte è un fatto di obbedienza, è una ripetizione. La ripetizione fa andare d accordo l’individuo molto giovane e l’individuo molto vecchio. La ripetizione appaga il desiderio di autenticità. Cioè voi dovete immaginare come se l’anima chiedesse sempre le stesse storie per essere sicura che qualcosa durerà. Non solo durerà ma durerà come singolarità.
L’opera è un po’ come un innamoramento è un atto di responsabilità, ci si deve impegnare per impegnarsi, cioè per dare un pegno, avviene una decostruzione e quando c’è una decostruzione qualcosa si sta muovendo, si sta cioè dislocando, disgiungendo e ciò che avviene è un evento di cui si prende atto e che si mette in atto.
Bisogna prendere una decisione, trovare una strategia, anche la natura ha un piano…
Tra gli artisti che più stimiamo, possiamo citare Duchamp, De Chirico, Fabro, Kosuth e Buren, solo per indicarne alcuni, oltre alla fascinazione per le pitture rupestri e per la Bauhaus. Guardiamo anche ai contemporanei, Gianni Caravaggio e Francesco Gennari, ai fratelli Antonio e Tano Brancato. Con alcuni di questi artisti già citati siamo legati da una forte amicizia e stima, di altri invece non abbiamo mai avuto l’occasione di conoscerne gli umori, ma ammiriamo il loro lavoro e frequentando le loro mostre abbiamo la sensazione che sono stati e che sono per noi “degli amici di sempre”.
Amiamo particolarmente leggere i saggi dei pensatori francesi e tedeschi, tra i quali Heidegger, Nietzche, Bachalard, Bataille, Cioran e Derrida, oltre ai libri del siciliano Vincenzo Consolo.
Lavorate soprattutto alla realizzazione di opere bidimensionali con colori pastello, ma a volte le vostre opere hanno una componente scultorea.
Il nostro disegno ha desiderio del vero, vuol prendere corpo. Noi diciamo: “il disegno diventa scultura”, o “disegniamo scolpendo”. Tutti gli elementi della realtà sono stati convertiti in una medesima sostanza dalle vaste superfici, di un monocromo scintillio nessuna dove impurità è rimasta. Le superfici sono divenute riflettenti. Tutto ciò che c’era di diverso è stato convertito e assorbito, una specie di colore sfumato di un’unità trasparente senza che un solo elemento sia rimasto refrattario a tale assimilazione. Per molti la tecnica è sottovalutata ma essa non è una minaccia per l’autenticità, è la sua condizione. Se non potessimo ripetere la nostra testimonianza, non ci sarebbe nemmeno una verità. C’è un valore di testimonianza nella ripetizione. C’è possibilità di tecnicizzazione, dunque di registrazione, archiviazione e idealizzazione.
Siciliani, vivete e lavorate in Sicilia, ma durante la residenza nomade VIS6 avete visto, per la prima volta, alcuni luoghi dell’isola a voi sconosciuti. C’è qualche esperienza fatta durante la residenza di cui rimarrà traccia nei vostri lavori futuri?
L’uomo che si sposta modifica le forme che lo circondano e viceversa. Non sappiamo se di questa esperienza rimarrà traccia nei lavori. Forse in futuro interiorizzeremo il tutto o forse no, colpevoli di non aver saputo afferrare. Chi cerca non trova, ma chi non cerca, viene trovato. Dicevano i popoli antichi: “c’è sempre qualcosa che ci osserva”.
Cosa state preparando per la mostra?
Due o tre opere nuove della serie Astrazione novecentista, guardando le facciate di alcune abitazioni tra Modica e Noto e un’installazione ambientale realizzata intorno ad un’opera color porpora della serie I Limiti del Perdono (progetto Velature).
EN
The research conducted by the twin brothers Carlo and Fabio Ingrassia subverts the traditional way of conceiving the grammar of colour, dissolving the sign made by the pencil line where colour is derived from the saturating and veiling use of grey. This is a different way of perceiving the pastel and pencil marks, when the drawing ‘conceals the signs’. A meticulous and scientific method, a work for four hands made possible by their physical abilities (one is left-handed, the other right-handed, and they work with pastels at the same time on the same paper surface, on the same squared centimetre).
How is your studio organized and which instruments do you use to work?
The work must be registered, one of us hides it, the other shows it, we have to copy the silence. The organization of the mental image must be prepared, and this especially concerns us. We need to be prepared for the work and this concerns our very bodies as some of the facts are actions, even when they aren’t finished. They have to begin within the absolute of birth.
The rationale of perception is seen by both of us through a phenomenon of collisions between what is close by and what is far-away, which we call phenomenon of acceleration. The complete perception of the painted work can take place with the help of instruments: pencils both hard and soft, oxide powders, cylinders, lenses and aplanatic lenses with different magnifications, glass tubes, agates, blades and lancets of different sizes, slashes in aluminium sheets, and the dust that settles on the work over 15 to 25 days so that the paper and the colour have enough time for absorption. The drawing needs to rest.
How would you describe your creative path?
It isn’t easy to talk about painting, because insight is one thing, but the results are another. While the willpower depends on us, desire doesn’t. The sentiments of fear, anger and of the forms are the same for everyone, while falling in love isn’t. That is a sentiment of orientation, of a social nature.
Carlo defines the sign, Fabio brings everything together and offers a blown sign. The margins don’t touch, but they suggest each other. If we consider the question from the point of view of thinking, each one of them develops his own ethics; while from a technical point of view, the work is developed by both. The more their thoughts diverge, the more the balances they will have to establish, to reach a point of encounter. The one is the straight hand, the other maneuvers with his left.
Between the forms of visual notes we observe everything around us, we make use of preparatory sketches, magazines, snapshots, sometimes the shape is suggested to us by old projects, works left aside to gather dust. There is an element of fate in our work, but randomness is totally absent. Rational observation: we can approach it by way of a type of contact that in the Islamic culture is described as ‘imaginal’.
Which media and which artists from the past or present inspire you?
We are mindful of composition and form. We become concerned when we hear the words ‘inspiration’ or ‘anaesthetizing’ aesthetics. In our opinion, the work is never intimate, it is a false myth to speak of the intimacy of the work; rather, we should speak of its appraisal. It is the ‘appraisal’ of the work, the fact that it brings to the outside; an image must be pro-jected.
There are things that we discovered on our own, they are also the only ones we know.
Man can preserve of the past only what is of use to his progress, and this is part of a system of liking and affection. Art has to do with obedience, it is a repetition. Repetition is what makes very young individuals get along with very old ones. Repetition appeases the desire for authenticity. In other words, you must imagine that the soul always asks the same stories to be sure that something will last. And it’s not just a question of lasting, but of lasting as something unique.
The artwork is like falling in love, it is an act of responsibility, you have to be committed to it, make a pledge. A deconstruction takes place and when this occurs something moves, something is dislocated, comes apart, and what occurs is an event that you take note of and that is enforced.
A decision must be made, a strategy must be found, even nature has a plan…
The artists we respect the most include Duchamp, De Chirico, Fabro, Kosuth and Buren, to name just a few, besides our great interest in rock paintings and the Bauhaus. We also look to the contemporary artists, Gianni Caravaggio and Francesco Gennari, to the brothers Antonio and Tano Brancato. With some of these artists we share a deep and strong friendship, as well as mutual esteem; there are other artists whose mood we have never had the chance to know, but whom we admire for their work because we have been to their exhibitions we consider them to be ‘friends forever’.
We especially love to read the essays of the French and German philosophers, such as Heidegger, Nietzche, Bachalard, Bataille, Cioran and Derrida, in addition to the books by the Sicilian Vincenzo Consolo.
You most of all focus on the creation of two-dimensional works with pastel colours, but sometimes your works have a sculptural component.
Our drawing wants to come true, it wants to take on a body. We say: ‘drawing becomes sculpture’ or ‘by drawing we sculpt’. All the elements of reality were converted into the same substance by the vast surfaces, of each monochrome spark there is none in which the impurity lingers. The surfaces have become reflecting. Everything that was different has been converted and absorbed, a sort of sfumato colour of a transparent unity without a single element resisting this assimilation. For many, technique is underestimated, but this does not threaten authenticity, it is a condition. If we couldn’t repeat our testimony, there wouldn’t even be a truth. There is a value of testimony in repetition. There is the chance to make things technical, hence to register, archive and idealize.
You are Sicilians, you live and work in Sicily, but during your nomadic VIS6 residency you saw parts of the island for the first time, ones you weren’t not familiar with. Will some trace of your residency remain in your future works?
The man who moves modifies the forms that surround him and vice versa. We do not know if a trace of this experience will remain in our works. Perhaps in the future we will interiorize everything, or perhaps we won’t, guilty of not having known how to grasp things. He who seeks does not find, but he who does not seek will be found. The ancients used to say ‘there is always something that we observe’.
What are you preparing for the exhibition?